“Sindrome da secondo disco”. Tipica di tanti gruppi rock (specie inglesi) osannati dalla critica per un album d’esordio a volte buono, molto buono, ottimo o semplicemente discreto, che poi falliscono il secondo album. E qualche volta il terzo, il quarto e pure il quinto, se mai ci arrivano.
A costo di ferire qualcuno, dirò che i Big Country sono un ottimo esempio di band colpita da questa sindrome. Il primo album (The Crossing, 1983) dei Big Country li impose al di fuori dei confini della loro nativa Scozia, in Inghilterra e negli USA, e contiene gran parte dei loro cavalli di battaglia.
In quel primo disco c’era tutto quello che i Big Country avevano da offrire: canzoni dal sapore celtico ma in potente versione rock, un muro sonoro duro e compatto, la splendida produzione di Steve Lillywhite e poi la loro caratteristica distintiva, quella chitarra elettrica distorta che suonava come una cornamusa...
Dal vivo sono rimasti per anni una band poderosa.
Su Concert Vault c’è uno splendido concerto di Capodanno al Glasgow Barrowlands (31 dicembre 1983), il mio preferito. Ma non mi dispiacciono neppure gli altri due. Una curiosità: nella data americana dell’86 (Tower Theatre di Filadelfia), li possiamo sentire alle prese con una cover di Honky Tonky Women.
Sono qui.
Oh, dimenticavo: adesso Concert Vault chiede la registrazione. Ma è gratuita, e ne vale la pena.
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