lunedì 8 ottobre 2007

Il Bello della vita

Scrive 403, commentando il post precedente:
Ci può essere insoddisfazione sulla qualità dei servizi che si ricevono in cambio - ha aggiunto - ma non un'opposizione di principio sul fatto che le tasse esistono e che si debbano pagare

sarà, ma io questa frase di TPS la trovo inappuntabile... e, per quanto faccia un po' impressione e sia politicamente male accorto dirlo, trovo inappuntabile anche quella in cui definisce "bellissime" le tasse:

“Le tasse sono una cosa bellissima, un modo civilissimo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili quali istruzione, sicurezza, ambiente e salute”

come dagli torto?...



Inappuntabile?
Calma.
D'accordo sulla prima frase citata di TPS: un'obiezione di principio contro l'idea in sé delle tasse non sta in piedi. Nella migliore delle ipotesi, sarebbe utopistica.

Le tasse non sono “bellissime”, non più di quanto lo sia un clistere o andare dal dentista.
Necessarie, certo, per il funzionamento di una società moderna e complessa, ma “bellissime” proprio no.

La tassazione nasce come un tributo imposto da un’autorità ai sudditi, non è una donazione volontaria liberamente decisa da un consesso di uguali.

Storicamente, la tassa nasce come imposizione del vincitore (città, regno, ceto sociale) nei confronti degli sconfitti. E già alla nascita aveva quindi un primo elemento di violenza e di ingiustizia: chi imponeva le tasse non le pagava, e usava il raccolto fiscale per vivere, mantenuto dai vinti, costretti a piegarsi e pagare il tributo, in moneta o in prestazioni forzose di manodopera, le corvées.

Per tutta la loro storia, le tasse non hanno avuto bisogno di legittimarsi. Le impone il potente, e il debole non può sottrarsi. Fine del discorso.
Il re-sacerdote riscuote le tasse non per fornire un servizio ai sudditi contadini, ma solo per farsi mantenere da essi e, se possibile, per aumentare il suo potere.

Nello stato moderno, il cittadino (che non era nulla) aveva il dovere di pagare le tasse allo stato (che era tutto), e basta.

Solo in tempi recentissimi e in altre civiltà ha iniziato a farsi strada l’idea che le tasse dovessero trovare una loro legittimazione: il principio no taxation without representation è cosa moderna e non è mai andato da sé. Per farlo accettare, i sudditi hanno dovuto imbracciare le armi. Ed è pure roba d’importazione, perché appartiene al mondo anglo-sassone.

Da noi si distingue fra “tasse” e “imposte”. Le prime si giustificano con una “controprestazione” fornita ai cittadini, le seconde no.
(Nel diritto anglosassone, le imposte sono illegittime).
Da noi, circa il 70% delle entrate fiscali non hanno controprestazioni per i contribuenti, cioè non sono spese per erogare un servizio.
(Fonte: wikipedia)
Cosa ci sarà mai di “bellissimo”?


Poi ci sono stati, come il nostro, dove i servizi sono nella migliore dei casi alquanto limitati, in certi casi del tutto mancanti, e dove il raccolto fiscale serve a pagare gli stipendi di un numero grottescamente abnorme di inamovibili funzionari e dipendenti.

Non mi riferisco solo ai tanto vituperati “politici” che oggi va di moda crocifiggere, ma a una pubblica amministrazione che ha come principale, se non unico scopo, quello di conservare se stessa.

Ma, si obbietterà, il ricavato delle tasse in certi casi si traduce in un servizio pubblico.
Sì, ma mi sento di definirlo un effetto collaterale: la pioggia di denaro che si rovescia sulla pubblica amministrazione diventa un rigagnolo di servizi per i cittadini, un effetto collaterale del tutto secondario e direi quasi indesiderato, vista la malagrazia con la quale il dipendente pubblico tratta, di norma, il cittadino.

Lo scopo principale delle tasse, proprio come ai tempi dei re-sacerdoti, è assicurare il sostentamento dei potenti e della vastissima cerchia dei loro congiunti, protetti, parenti, sostenitori e simpatizzanti. Se poi ogni tanto avanza qualche spicciolo per far funzionare un asilo o un ospedale, pazienza, la prossima volta si cercherà di spremere ben bene anche quei soldi per trasformare un ospedale che funziona in un carrozzone dove assumere falsi invalidi, sodali, elettori.

Aumentassero gli introiti delle tasse, aumenterebbe la quantità di risorse a disposizione della burocrazia, che sarebbe in grado di cooptare nuovi individui al suo interno, sottraendoli alla produzione e creando nuovi burocrati, nuovi passacarte, nuovi reggiborse, nuovi finti invalidi.

Posso capire però che le tasse paiano “bellissime” a chi sta dall’altra parte: riceve la pioggia dorata, decide quanto tenere per sé e quanto distribuire a clienti, parenti e amici per confermare e ampliare il proprio potere personale. Il suo principale rovello: scovare chi non paga le tasse o non le paga tutte, perché in questo modo potrà distribuire più risorse ai suoi complici e offrirsi nuovi privilegi, e trovare il livello massimo di pressione fiscale che la società possa sostenere, senza farla schiattare.

Riconosco senza alcuna difficoltà che sarebbe utopistico immaginare una società senza tasse in cui i cittadini siano così saggi e lungimiranti dal controbuire, di volta in volta, alle spese necessarie. Per capirlo, mi è bastato assistere a una riunione di condominio.
Riconosco senza alcuna difficoltà che le tasse - e il loro inevitabile risvolto, la burocrazia - sono necessarie.
Ma pensare che le tasse siano un modo col quale i cittadini raccolgono i fondi necessari per provvedere a scuola, salute, ambiente - andiamo, è utopistica e falsa, almeno quanto l'idea di una riunione di condominio composta da gentiluomini illuminati e altruisti.

Se proprio siamo inguaribili ottimisti, diciamo che il 30% delle tasse è usato per quello scopo, il resto è per mantenere il Mostro, la burocrazia.

Bellissime?
A essere generoso, direi: "bruttine".

Mi è capitato di avere la necessità di fare un clistere, o di andare dal dentista. L’ho fatto, perché era necessario. Ma bellissimo, posso dire per certo che non è stato.

E se andando dal dentista mi trovassi di fronte un tizio dallo sguardo allucinato che, impugnando una tenaglia arrugginita e ricoperto d'un camice inanguinato mi invitasse a entrare nello studio, sghignazzando "Vieni avanti bamboccione, vedrai che sarà bellissimo", ecco, io penso che non mi sentirei molto bene.

4 commenti:

andrea 403 ha detto...

Applicare un principio estetico (bello, brutto) alle tasse è un'idiozia e non è certo la prima che TPS dice o pensa, visto poi che lui fa parte della classe dirigente responsabile della "insoddisfazione sulla qualità dei servizi", per usare lo stesso eufemismo da lui usato, farebbe sicuramente meglio a starsene un po' più abbottonato.

Ciò detto, ritengo che nel merito le due frasi riportate dall'articolo di Repubblica restino inappuntabili.

Stiamo parlando di due cose diverse, tu dell'uso che lo Stato italiano fa dei proventi delle tasse, io del fatto che le tasse siano - come principio - uno strumento giusto e civile per provvedere alle necessità della collettività, molto di più (e di meglio) di un male necessario.

Anonimo ha detto...

...soprattutto alla luce del fatto che l' italia viene COMUNQUE mantenuta dai lavoratori dipendenti (al 75%, se non erro). quindi, c' è qualcosa che non quaglia, nel sistema fiscale...caro ndp. e da sempre, come anche tu fai notare. come da sempre, d' altronde, l' uso di qualsiasi forma di progresso mostra il-lato-oscuro-della forza...
come si dice in gergo, quoto adrea 403.
senza minimamente commentare qualsiasi "uscita" politica; non m' interessa da tempo.
un' amica del blog ;o)

NDP ha detto...

Se quello sciagurato avesse detto: “si sentono sempre più spesso proteste contro le tasse in sé, contro l’idea stessa che ci siano delle tasse. Si tratta di proteste insensate, perché in una società anche solo minimamente complessa non si può fare a meno di imporre tasse per svolgere una serie di servizi”, non avrei avuto nulla da obiettare.
E avrebbe potuto aggiungere: “è evidente che a ognuno dispiaccia pagarle, queste benedette tasse, ma non se ne può fare a meno, perché sono un male necessario; quel che conta è usarle bene”.
Sarebbero state affermazioni di puro, incontestabile buon senso. Alle quali, secondo il mio modestissimo parere, si sarebbe dovuto unire l’impegno di trasformare la spesa pubblica, smantellando il colossale sistema della P.A. (sì, lo so: chi li licenzia, un milione di statali? Nessun governo lo farà mai) e usando quelle risorse per l’educazione, la sanità, la ricerca, le infrastrutture, ecc ecc. Ma qui stiamo sognando.


Ma parlare di “tasse bellissime” è un’evidente idiozia. E farlo in Italia, lo è ancora di più.
E non solo perché non ha senso attribuir loro un valore estetico, come dice sensatamente 403, ma anche perché NON È VERO che siano lo strumento civile e bello che una comunità usa per dotarsi di servizi ecc.

Sarebbe bello se lo fossero.
Sarebbe “bellissimo” se il gettito fiscale fosse usato principalmente per offrire servizi ai cittadini e non per mantenere e ingrandire una già pletorica burocrazia.
(Quanto poi all’affermazione di Anonimo sul fatto che le tasse siano pagate al 75% dai lavoratori dipendenti: non so se la percentuale sia corretta, ma in ogni caso questo è un altro elemento che concorre a fare delle tasse qualcosa di meno “bellissimo”).

Sarebbe come se qualcuno dicesse: “il carcere è bellissimo”, motivando così: perché è uno strumento di redenzione individuale e di recupero sociale, che prende criminali, li rieduca e li reinserisce nella società.
Cosa direste? Rispondereste, a buon diritto, che si tratta di un delirio, e a quelle insensate parole opporreste la realtà del sistema carcerario italiano. Certo, “sarebbe bello se”, se fosse uno strumento di recupero, reinserimento, redenzione. Ma quel “se” fa una grandissima differenza, no?

Infine: non mi sembra per nulla irrilevante il fatto che quell’affermazione sia stata fatta in Italia e non altrove (magari in uno di quei fortunati paesi, ammesso che ce ne siano per davvero, in cui le cose vanno come dovrebbero), e che sia stata fatta non da un ubriacone qualsiasi ma da un ministro in carica.

In un paese la cui economia è schiacciata da oltre 30 anni da un carico fiscale elevatissimo, in cui uno dei problemi più grave è la straripante e inconcludente pubblica amministrazione, in cui le tasse servono per mantenere ed espandere il potere della burocrazia, sentire un ministro parlare di “tasse bellissime”, è come essere nella Parigi del 1789 e sentire Maria Antonietta parlare di brioches.

Anonimo ha detto...

quando il ragazzo si lancia e si tuffa tra metafore (quella del testo-base) e logorroico, mi preoccupa. andrea, digli qualcosa :oD
l' amica di prima

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