mercoledì 30 maggio 2007

Quando il blog è in vacanza

Questo blog si prende qualche giorno di sosta.
Le trasmissioni riprenderanno domenica.

lunedì 28 maggio 2007

Non dura, non dura...

E ora un po’ di meta blogging.
Blogger, il sito che ospita questo blog, tiene una pagina chiamata Blogs of note nella quale segnala ogni mese dei blog ritenuti degni di nota. Sì, sono tutti in inglese, ma non è questo il punto (però di lingue del Web parlerò in un prossimo post, promesso).
Per curiosità, sono andato a vedere la rassegna più vecchia: gennaio 2001.
Riportava 5 blog.
Quattro sono proprio scomparsi; l’unico rimasto è questo, ma è morto a metà del 2002.
Mi sa che questa della blogosfera è una moda che non dura...

Come eravamo

Steve Jobs presenta il primo iMac.
"Potente G3/233 e splendido mouse..." ah, che genio del marketing!
Ma ho proprio voluto bene a quel coso blu Bondi tondeggiante...

Nasceva così

Dieci anni fa, Apple iniziava a mettere a punto l’iMac (che sarebbe uscito nel maggio 1998). Sto parlando dell’iMac originale, quello tutto curve, color Bondi, con un “potente” processore G3 e il mouse pallina da hockey.
Qui, una storia molto dettagliata e interessante (ma in inglese, sorry) di come fu concepito e lanciato l’iMac.
Steve Jobs, Jonathan Ive e Larry Ellison, che per fortuna fu ascoltato, ma solo all'inizio...

venerdì 25 maggio 2007

Decadenza

Il centro di Milano ieri sera è stato devastato da alcune migliaia di ubriachi che hanno distrutto una ventina di installazioni della cow parade e provocato ingenti danni materiali di vario tipo.
I bruti festeggiavano l’arrivo in città di una certa coppetta, un tempo prestigiosa e ora così gravemente decaduta che la finale, giocata un paio di giorni fa, vedeva opposte due squadrucce finite terze nei rispettivi campionati nazionali, ciascuna con più di venti punti di distacco dal primo posto. La partita, peraltro, è stata d'una noia mortale.

mercoledì 23 maggio 2007

Tubi, cavi e ancora tubi

Avevo ricevuto una lettera dell’AEM (l’azienda che fornisce gas ed elettricità a Milano), che mi invitava a un incontro dedicato al teleriscaldamento.
Da qualche mese nel mio quartiere le strade erano sottosopra perché l’AEM sta posando le tubature. Il teleriscaldamento sembra essere the next big thing e, anche se la cosa non mi riguardava direttamente (o almeno spero: il mio condominio ha appena speso una fortuna per installare una nuova caldaia) ero curioso di saperne qualcosa di più. Sì, certo, uno va a leggersi la voce teleriscaldamento della wikipedia e impara tutto. Però avevo anche la curiosità di vedere il luogo in cui si teneva l’incontro, il teatro parrocchiale del mio quartiere – nel quale non avevo mai messo piede. E poi la lettera d’invito, personalizzata, prometteva in regalo una “simpatica sorpresa” a tutti i partecipanti.

La sala è il teatro dell’oratorio di via Kolbe, a Milano. Mi sa che parlerò di questa chiesa e del suo oratorio in qualche altro post. Per adesso basti dire che l’oratorio è una grande struttura, stile edilizia pubblica anni ‘60, messo lì accanto a questo bel chiesone di mattoni rosso cupo, senza nessuna preoccupazione di “armonizzazione”, “integrazione” o design.
Al teatro si accede da una scalinata esterna che sembra concepita per impedire ad anziani, disabili, donne incinte di arrivare alla sala.
La sala è deliziosamente fatiscente. Sedili in legno, muri scrostati, però ha una discreta capienza – oltre 300 posti – e un palcoscenico ragionevolmente ampio. Non viene usata per spettacoli di alcun tipo perché ristrutturarla secondo le attuali norme di sicurezza costerebbe troppo persino per le case del convento di sant’Antonio, che possiede e regge la parrocchia. Hanno costruito un ascensore, sul lato posteriore dell’edificio, che porta al livello della sala; pare che i frati siano stati costretti a fare questo investimento perché avevano avviato un circolo per gli anziani, ai quali avevano assegnato dei locali a fianco del teatro parrocchiale: ma gli anziani non riuscivano ad arrivarci a causa dell’infinita scalinata. Ma è impensabile che 300 spettatori possano accedere a un teatro in un ascensore che tiene una decina di persone alla volta se va bene.
Peccato, perché una sala così, nel quartiere, potrebbe servire.

Gli incaricati dell’AEM spiegano cos’è il teleriscaldamento e i progetti dell’azienda.
Le slide sono muri di testo illeggibile (ma questo sito non lo conosce nessuno, in Italia?) però apprendo cose per me nuove e interessanti.
Il teleriscaldamento - sul quale adesso anche voi sapete tutto perché avete già letto il lemma della wiki, vero? - è già avviato da diversi anni a Milano e serve diverse zone: la prima centrale, sorta a Sesto San Giovanni nell’area della ex Falck, serve oggi oltre 400 condomini e un centinaio di stabili, pubblici e privati. Poi nel 2001 è nata una centrale dalle parti di viale Famagosta (ex cartiera Binda), che serve 15.000 famiglie. E poi ancora altre centrali (il tecnico AEM continuava a parlare di “episodi”, ma ci siamo capiti lo stesso) nel Gallaratese, un piccolo impianto a pompe di calore che serve gli stabili della Bocconi, uno in viale Sarca, che ha la prerogativa di distribuire “il caldo” (riscaldamento) e “il freddo” (condizionamento dell’aria in estate), esempio unico e destinato a rimanere tale perché l’AEM non intende proseguire su questa strada.
Comunque, il teleriscaldamento è una realtà bene avviata, non come in Nord Europa ma si sta diffondendo a Milano e altrove (Brescia, Trentino...). Gli impianti, anche se quelli dell’AEM si ostinano a chiamarli sempre “episodi”, sono centrali dette di cogenerazione perché producono contemporaneamente energia e calore.

Uno dei nuovi impianti che l’AEM sta costruendo è la centrale che viene chiamata Canavese (si trova dalle parti di viale Forlanini, vicino all’aeroporto di Linate), destinata a distribuire calore a una vasta area della città compresa tra zona Vittoria e Città Studi.
Per adesso vengono posati i grandi tubi che costituiranno la “dorsale” di questa rete, in un secondo tempo verranno allacciati i palazzi.
La centrale Canavese produrrà energia mediante una tecnologia detta a pompe di calore, che in pratica usa l’acqua di falda come materia prima da cui ricava energia trasferendo calore. Qualche altro dettaglio tecnico, di fonte AEM, qui.
La cosa che ha colpito un profano come me è che, a quanto pare, esiste un’unica azienda in grado di costruire pompe di calore della potenza necessaria; si trova in Svezia e ha realizzato il sistema di teleriscaldamento che lassù serve l’intera città di Goteburg.

Beh, l’incontro è andato avanti per un’oretta, i tecnici AEM hanno spiegato per sommi capi in cosa consiste il teleriscaldamento e i vantaggi che offre (pare che sia oggettivamente più efficiente rispetto a tante caldaie disseminate nei palazzi e che si riveli assai meno inquinante, ma qui io posso solo riferire ciò che diceva la campana AEM).

Non mi dispiace l’idea di vivere in un quartiere cablato. I cavi in fibra ottica di Fastweb, tubi AEM in cui viaggia acqua a 90° che riscalda le nostre abitazioni... how cool. Peccato che non intendano fare altrettanto col condizionamento (è tecnicamente possibile, ma a quanto pare non è redditizio, almeno per ora).

L’unico mistero è il simpatico omaggio distribuito a tutti i presenti. Allora, c’era una custodia e dentro, arrotolato, una specie di bussolotto che, non appena estratto, si spalancava scattando come una molla, diventando un disco di tessuto sintetico (verde, col logo AEM) del diametro d’una ventina di centimetri, con un bordino che si direbbe in fil di ferro. Io lo sto usando sulla scrivania, a fianco del Mac sul quale sto scrivendo questo post, lo uso per appoggiarci la tazzona del tè.

lunedì 21 maggio 2007

Il concerto di oggi

Concert Vault, di cui non mi stanco di celebrare le meraviglie, è dedicato in massima parte al pop rock degli anni 70 e 80.
Però ogni tanto anche l'appassionato di jazz troverà qualcosa per lui.
Come per esempio questo concerto di Miles Davis.
7 maggio 1971, Fillmore West di San Francisco.

domenica 20 maggio 2007

La blogosfera? È fatta così

La blogosfera di qui, la blogosfera di là... Tutti che ne parlano. Sì, ma di preciso che cos'è? E soprattutto, com'è fatta?
Ecco la risposta.

Incredibly strange

Ecco, questa è una delle cose che ogni tanto mi chiedo.
E cioè: ma che cosa penserà mai un americano o un inglese (o un irlandese, australiano... insomma, un anglofono) quando ascolta un disco in cui degli italiani cantano in inglese, per di più dei testi che vorrebbero essere impegnati e relativi alla realtà americana? “.. Italians singing about "red Indians" - their words -- is like me singing about, I dunno, Mario Roatta's persecution of Slavs during World War II... “. Qui, il titolare di Vinyl Mine parla (neppure male, poi) dei Raw Power, band hardcore italiana con un suo seguito anche all’estero.

L'ultima sull'ONU

Oops! L'hanno fatto ancora.
Qualche tempo fa, l'ONU si era coperta di vergogna e ridicolo per avere affidato alla Libia la presidenza delle commissione sui diritti umani.
Di recente, il bis: lo Zimbabwe di Mugabe è stato prescelto per guidare la commissione sullo sviluppo sostenibile.
La notizia è di qualche giorno fa - l'ho trovata qui (è un sito canadese, in inglese) - e me l'ero persa, ma devo dire di aver fatto una veloce ricerca sui siti dei quotidiani italiani e di non aver trovato nulla.
Io non arrivo a dire che bisogna sciogliere l'ONU e buonanotte, però...

Questa burocrazia ci ucciderà

Uno pensa che se alla fine non ce la fa a sopportare la burocrazia, i moduli, i questionari, la dichiarazione dei redditi, manda tutti a quel paese, fa il kamikaze e bum! Morta lì. Nel vero senso della parola.
Invece no.
Guardate un po’ che razza di moduli bisogna compilare per arruolarsi in Al Qaeda.

martedì 15 maggio 2007

Chitarre come cornamuse

“Sindrome da secondo disco”. Tipica di tanti gruppi rock (specie inglesi) osannati dalla critica per un album d’esordio a volte buono, molto buono, ottimo o semplicemente discreto, che poi falliscono il secondo album. E qualche volta il terzo, il quarto e pure il quinto, se mai ci arrivano.
A costo di ferire qualcuno, dirò che i Big Country sono un ottimo esempio di band colpita da questa sindrome. Il primo album (The Crossing, 1983) dei Big Country li impose al di fuori dei confini della loro nativa Scozia, in Inghilterra e negli USA, e contiene gran parte dei loro cavalli di battaglia.
In quel primo disco c’era tutto quello che i Big Country avevano da offrire: canzoni dal sapore celtico ma in potente versione rock, un muro sonoro duro e compatto, la splendida produzione di Steve Lillywhite e poi la loro caratteristica distintiva, quella chitarra elettrica distorta che suonava come una cornamusa...
Dal vivo sono rimasti per anni una band poderosa.
Su Concert Vault c’è uno splendido concerto di Capodanno al Glasgow Barrowlands (31 dicembre 1983), il mio preferito. Ma non mi dispiacciono neppure gli altri due. Una curiosità: nella data americana dell’86 (Tower Theatre di Filadelfia), li possiamo sentire alle prese con una cover di Honky Tonky Women.
Sono qui.
Oh, dimenticavo: adesso Concert Vault chiede la registrazione. Ma è gratuita, e ne vale la pena.

Vabbè...

Niente di eccezionale.
I nuovi MB danno qualcosina di più per qualcosina di meno. Sono anche un poco più leggeri.
Molti però si aspettavano un MB Pro da 13".
Io ancora non riesco ad apprezzare quella plastichina bianca. Il nero è meglio ma non vale la differenza. Ma mi sa tanto che il MB Pro 13" non ci sarà mai.

lunedì 14 maggio 2007

Copertine, copertine

Ho sempre provato una fortissima attrazione per le copertine dei fumetti, specie i comicbook americani. Il contenuto magari non era sempre all’altezza, ma le copertine mi facevano sempre sognare.
Questo è un sito di e-commerce, vende fumetti. Ma tiene un catalogo online con le riproduzioni di tutti gli albi in vendita, in formato ragionevole: una gioia per gli occhi.
Una pagina Web che seguiva solo gli albi Marvel, ma che purtroppo possiamo dare per morta (è ferma dal gennaio 2005) è questa, in cui si possono fare anche ricerche per disegnatori.

domenica 13 maggio 2007

La Sinistra in lutto

Duro colpo per la sinistra no global e terzomondista italiana, che piange la scomparsa di uno dei suoi pensatori più raffinati.

giovedì 10 maggio 2007

Il futuro non è più quello di una volta

Due siti che tengo spesso d’occhio, per motivi simili e opposti.
Futuro Prossimo è un gran bel sito di divulgazione scientifica; raccoglie articoli su temi futuribili e presenta scoperte, invenzioni, teorie e ipotesi che potrebbero, forse modificare il nostro futuro.
Paleo Future (“uno sguardo al futuro che mai fu”, recita il sottotitolo) fa in un certo senso l’opposto: raccoglie tanta futurologia d’epoca, mostrando le visioni del futuro formulate nei decenni scorsi. Qualche volta sbagliate per eccesso, qualche volta per difetto, qualche volta quasi azzeccate e qualche volta platealmente sballate.

martedì 8 maggio 2007

Taj Mahal live 1969

Qui.
La prima volta che ho sentito “She Caught the Katy” è stato, ovviamente, nel film Blues Brothers.
Mi ero convinto che Katy fosse il nome di una cavalla, e che la canzone quindi dicesse: lei si è presa il cavallo buono buono e mi ha lasciato qui col mulo... Non proprio.
Leggendo questo bel post di Phantom Blog, ho appreso che The Katy è il modo in cui veniva chiamata all’epoca in cui fu scritta la canzone la ferrovia che attraversava Missouri, Kansas e Texas. Quindi: lei se ne è andata via in treno e mi ha lasciato qui col mulo...
Non mi sbagliavo, però, nel ritenerla una grande canzone. Mi era piaciuta molto nella versione big band di Blues Brothers; mi è piaciuta molto di più nella versione acustica di Taji Mahal nel suo album The Natch’l Blues del 1968, e se possibile mi è piaciuta ancora di più nella versione live che si può ascoltare in questi due concerti di Taj Mahal, al Fillmore West di San Francisco (settembre 1969), ascoltabili su Concert Vault.

Taj Mahal è uno dei grandi interpreti del blues e, anche se non è mai arrivato a essere una superstar, nel corso della sua ormai quarantennale carriera, ha sempre ottenuto stima e grandi consensi.
I due concerti del ‘69 sono tratti dalla tournée con la quale accompagnava l’uscita quasi simultanea di due album, uno elettrico (Giant Step) e l’altro acustico (De Ole Folks at Home). Il risultato è che qui Taj Mahal ci dà il meglio di sé, sia nelle cover acustiche tradizionali, sia nelle rivisitazioni in stile rock blues.
C’è anche un terzo concerto, volendo, del 1971, ma dura solo 30 minuti. Preferisco segnalarvi le due date del '69 anche perché magari qualcuno di voi è come me, ama sentire date diverse dello stesso tour e mettersi lì a confrontare le scalette (in questo caso variano parecchio) e mettere a confronto le diverse versioni dello stesso brano.
La versione di She Caught the Katy è memorabile, ma lo stesso si può dire di quasi ogni altro brano.
I più attenti si ricorderanno anche che Six Days On the Road, presente in entrambe le date del ‘69, fu ripresa da Ricky Gianco che ne fece un inno delle occupazioni (“Questa casa non la mollerò”) che fu eseguito al festival del parco Lambro 1976 e sparì senza lasciare né tracce né rimpianti.

venerdì 4 maggio 2007

Chi ha paura dei libri usati?

Forse i fioristi.
È in corso una guerra silenziosa, a Milano. Una dopo l’altra, le vecchie bancarelle di libri e riviste usati stanno chiudendo. Ma non scompaiono: si trasformano tutte in rivendite di fiori.

Soltanto nel mio spicchio di città, questo è stato il destino della bancarella all’angolo tra viale Corsica e viale Campania; di quella in piazza Santa Maria del Suffragio e di quella in piazza Tricolore.
Succede così anche in altre città? Curiosamente, queste nuove bancarelle di fiori sono quasi sempre gestite da indiani reticenti, che non sanno nulla dei precedenti proprietari e che paiono messi lì per caso. Ho anche comperato qualche pianta grassa e qualche garofano per provare a ingraziarmeli e ottenere qualche informazione: tempo sprecato.

Il risultato è che la città è piena di fioristi d’ogni tipo; le bancarelle “convertite” si sommano ai negozi dei fioristi e ai piccoli chioschi agli angoli delle strade, che già vendevano fiori. Capita di vederne due nello stesso viale, nella stessa piazza, che si guardano da marciapiedi opposti, e che a quanto pare riescono a sopravvivere entrambe.
Ma davvero c’è tutta questa gente che continua a comperare fiori e piante? E che mai comprerebbe un libro, nemmeno un Giallo Mondadori di seconda mano a un euro? Apparentemente è così.
Ce n’era anche una quarta, molto più grande di una comune bancarella: il “piccolo market del libro usato” in piazzale Dateo, una baracca in legno che negli anni si era progressivamente ingrandita e che ospitava migliaia di libri, accuratamente suddivisi per argomento e collana. Lei invece è scomparsa, al suo posto in questo momento c’è un grande cantiere e non mi risulta che si sia trasferita altrove. Magari fuori Milano. Ma so già che è inutile fare ricerche. Probabilmente, sarà un vivaio.

Qui, per quel che vale, un elenco di bancarelle di libri e periodici usati a Milano (è di alcuni anni fa e non è stato aggiornato).

Lou Reed is back

Per motivi che la mente umana mai potrà spiegare (ma forse qualcuno che capisca di Web sì), il link al concerto di Lou Reed per un paio di giorni ha smesso di funzionare.
Adesso funziona regolarmente.
Qui.
Enjoy.

mercoledì 2 maggio 2007

Spider Man nipponico

Ci siamo appassionati alle gesta del Superman indiano e della sua collega Donna Ragno. Chi non l’avesse ancora fatto, è ancora in tempo, qui.
Adesso siamo pronti per le vicende dell’Uomo Ragno giapponese, che mette insieme un formidabile minestrone di cattivi hi-tech e cowboys.


martedì 1 maggio 2007

Il concerto del Primo Maggio

No, non è quello che fanno a Roma.
Quello che vi consiglio di ascoltare oggi è molto meglio.
Lou Reed, 5 novembre 1977, live al Bottom Line di New York.
Qui.
1977: punk e new wave sono i fenomeni del momento. Negli Stati Uniti, il punk viene interpretato come un rock diretto e senza fronzoli, che torna alle origini – Ramones su tutti – fino a sfiorare il revival anni ‘60, o come un suono “sporco” abbinato a testi di pretese artistiche – Patti Smith.
Lou Reed in quell’anno fa entrambe le cose con i suoi primi due dischi incisi per l’etichetta Arista: Rock’n’roll Heart e Street Hassle. Due dischi che escono a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, ma che sembrano venire da epoche diverse. Dodici brani veloci di rock’n’roll apparentemente leggero e disimpegnato, da una parte, e un album “sporco” e maledetto che contribuisce a rafforzare il mito oscuro di Lou Reed.
Il concerto che si può ascoltare in streaming da Concert Vault illustra benissimo questo periodo.
Anticipa di un anno le performance - sempre registrate nello stesso club, il Bottom Club di NYC - che saranno raccolte nel doppio dal vivo Take No Prisonsers (1978), ma qui gli esiti sono di gran lunga migliori. Qui Lou Reed non cerca di fare il Lenny Bruce: niente monologhi infarciti di fuck you e sberleffi al pubblico, qui si va diritti al cuore della faccenda, con un rock tirato e sporco, lontano dalle discutibili tentazioni rock-jazz dei suoi concerti dal vivo del periodo 1978-79.
Il repertorio combina alcuni dei suoi classici che non dovrebbero mai mancare a un suo concerto (Sweet Jane, I’m Waiting for The Man, Rock & Roll) con alcuni brani degli album in promozione durante quel tour, e che non mi risulta siano mai stati eseguiti in altre tournée, come Shooting Star, Rock’n’roll Heart e Banging on My Drum.
La band è quella, formata da poco, che lo accompagnerà per tutto il periodo Arista e che qualcuno di noi vide anche in Italia, nel tour del 1980 (ma qui c’è anche Michael Fonfara al saxofono).

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